mercoledì 16 marzo 2011

Scosse di tosse

Me lo dovevano anche aver detto, anche se probabilmente non sono stato attento. D'altronde mi sembrava talmente una gran cazzata. Che avevo i polmoni piccoli, cioè che avevo una capacità scarsa nella gabbia toracica o nella cassa polmonare o come si dice, insomma che avevo i polmoni piccoli lo sapevo. Questo è il bel regalo che ti hanno fatto i tuoi genitori che fumavano, mi ha detto una volta mio papà mi raccomando tu non iniziare mai a fumare. Io ho iniziato tardi, qualche mese fa che ci avevo già ventiquattro anni e parecchi funerali. Oggi loro, i miei genitori non fumano più. Se è per quello neanche si amano più, ma già da un tot. Una per questioni necrologiche e l'altro non si bene perché. Comunque preferisco non saperlo. E tutto sto blablaismo di riflessione l'ho iniziato perché c'ho una tosse che non mi fa star disteso e io in piedi non ci riesco proprio a dormire. E le ventiquattro ore sono davvero lunghe da far passare se non fai niente e non ci riesci neanche a dormire. E allora me ne vado nella stanza di mia sorella a far lo scemo. Siccome avevo un po' la barba le borse sotto gli occhi e gli occhi tutti luccicosi dalla malattia mi sono messo a fare l'imitazione di mangiafuoco, quello di pinocchio. Che a lei quand'era piccola le faceva un sacco di paura assieme alla balena e invece adesso che è già all'università ci facciamo solo delle risate. E allora la prendo in giro che mi c'era da aver paura del mangiafuoco della disney che quando ero piccolo c'era un amico del nonno che si chiamava Cencio, l'amico dico perché il nonna si chiama Renzo invece. Questo Cencio dico, aveva una barba lunghissima: tipo che gli arrivava a metà torace o forse più giù e aveva una voce bassa e roca di chi ha già perso il conto della sigarette quando è ancora chiaro fuori. Era davvero un uomo buono che aveva fatto il camionista ma io ero piccolo e quando lo vedevo avevo paura per quella barba lunga e piangevo. Però l'altro giorno, ora che anch'io ho un po' di barba l'ho visto di fronte alla pompa di benzina vicino a via medaglie d'oro che comunque quel posto per me rimane quello della signora dell'agip perché era così che la chiamava mia nonna quando andavamo a fare la spesa e poi lei beveva il caffè lì di fronte. Insomma, riprendo quando l'ho visto, Cencio dico davanti alla signora dell'agip, lui guidava non un camion ma un passeggino con dentro il suo nipotino. Allora ci ho buttato un occhio dentro il passeggino per vedere se anche quel bambino aveva paura della quella barba lunghissima, ma invece il bambino gli sorrideva al nonno, a Cencio e alla sua barba lunga e alla sua voce roca. E ho pensato che quel bambino anche se aveva avuto paura doveva essere un po' come i giapponesi tra terremoti e tzunami. Cioè doveva conoscere già, pur così piccolo, quella parola che traduciamo con destino e che loro scrivono intrecciando i caratteri che indicano vita e movimento.

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