Forse non ci ero mai stato in macchina così tanto tempo con mio nonno. E in più c'era anche il suo amico che poi non è così silenzioso come mi avevano detto. Solo che non so come si chiama perché quando mi sono presentato: piacere, Piergiorgio; lui mi subito detto: mi ere tanto amico anca de to nono, quel'altro. Quello di cui porto lo stesso nome, che infatti se ci vai un cimitero lo puoi trovare il mio nome esatto identico. E allora è normale credo, che io non mi ci trova bene alla prese con la morte anche se alla fine salta fuori sempre nei miei discorsi. Salta fuori anche troppo, tanto che hai deciso di aver bisogno di un futuro e che qualcuno ti facesse credere davvero alle finzioni, sebbene tu fossi intelligente da capire che erano solo finzioni. Che faranno anche vivere, ma finzioni. Tipo alla latina, che adesso devi fare anche l'esame di filologia. Insomma finzioni nel senso di creazioni, qualcosa che viene finto, plasmato apposta per vivere. Bene non lo so, ma vivere. E io non progettavo e non guidavo la macchina perché in macchina non ci sono mai stato tempo come con mio nonno e il suo amico. Ti ho chiesto se di me ti eri innamorata e lì mi hai detto che non te ne eri resa conto, che è stato come scalare una montagna e mentre sali non ti accorgi di salire e non guardi mai giù. Poi a un certo punto senti il bisogno di fermarti, di non salire più in quella montagna. Ti manca l'aria e il respiro si fa rantolo, ma questa è l'aria che ci tocca respirare, come direbbe Celan. E invece di buttarci sulla Senna, come ha fatto lui, Celan dico. Hai deciso di scendere, solo che poi ti sei accorta che era come una vertigine che ti faceva paura e che delle vertigini forse non è il caso di darci poi così importanza. Però la discesa di quella montagna l'avevi già iniziata, mi hai detto. Allora ho mandato un elicottero del Suem a cercarti e non ti hanno trovata. Ma io addio non te lo dico e per una volta parliamo bipartisan, e al massimo mi sfugge un se vedon pì veci, come direbbe l'amico di mio nonno.
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