lunedì 14 febbraio 2011

Hey J.

Per tutto sto tempo non ho pensato ad altro che a darci un taglio a ste vene. Mai avrei pensato che mi sarei appassionato a qualcosa dell'attualità al bar. Ma Farag era egiziano e aveva famiglia lì vicino alla rivoluzione nata su facebook, come ci aveva detto lui. E così era nervoso come un cavallo sbrigliato in un film con John Wayne. E J. non lo poteva vedere Faraq stare lì a fumare al telefono. E anche se non era pettinato J. ci aveva un cuore, così una sera lo ha preso in disparte, Farag dico, per dirgli che si sentiva davvero in colpa perché la sua famiglia era da quelle parti così vicina a guerra vera, non di quelle a cui giocavamo da bambini. Anche se la sua famiglia era lì, lui doveva stare in mezzo a gente che ci aveva un bel nulla da dire se non che aveva sete. Ci chiamiamo alcolizzati diceva J. e gli dispiaceva davvero che quello che era così vicino, separato solo da un bancone e da qualche bibita, fosse così lontano. Tipo con la testa dalla sua famiglia nella terra dei faraoni. Diceva J. tutto questo e anche altro e allora Farag lo prende sotto braccio e gli dice qualcosa che nessuno ricorda. E J. gli si rivolge ancora dicendo che lui non sa come fare per aiutarlo e che l'unico modo per aiutarlo che gli venisse in mente era continuare a bere per farlo lavorare. Lo faceva, diceva J. per le sue figlie, di Farag intendo. Ci chiamiamo alcolizzati diceva J. quindi fammi una tequila per favore Farag. Continuava J.. E questa mattina che ho smesso di lamentarmi, ricordamelo J. che ho smesso di lamentarmi così mi potrò lamentare di non lamentarmi. Se lo farò sarà perché sono ancora vivo. Sarà perché non siamo ancora stati deportati sulla terra ferma. Ma mi spiace dover pensare anche all'esilio volontario, anche se spero che un giorno potremmo condurre un programma televisivo tutto nostro e io sarò riabilitato come un principe stonato. Mentre tu ordini, nell'ordine: una tequila e una birra.

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