martedì 15 febbraio 2011

I novantaquattro gradini

La più consueta delle domeniche stomachevoli. Di quelle in cui fai due sorsi della vita e già ti vanno alla testa. Sono andato da mia nonna che mi aveva preparato lo gnocco, che è come un piatto di gnocchi solo che composti in un'unica forma e la parola gnocco lo descrive benissimo quasi che è onomatopeica. Tant'è che siccome io abitavo al mille-nove e settantuno di San Stae e lei, mia nonna era vissuta al mille-nove e ottantotto di San Stae mi ha raccontato di quando hanno rifugiato lo zio Beppi, lì nella Venezia del quarantadue. E non so perché quello zio aveva un nome così veneto anche se era russo e era anche ebreo. Lui aveva anche due lauree entrambe conseguite sotto lo zar, una in ingegneria e l'altra non ricordo in cosa diceva mia nonna. Solo che era dovuto scappare perché tutti i laureati dello zar non erano graditi alla rivoluzione. Insomma dalla padella alla brace, dice lei ridendo. Che quando sempre nella Venezia del quarantadue lui era andato a costituirsi il questore lo aveva visto giù dal ponte di Rialto e gli ha detto dove vai? vuoi diventare sapone? Quindi sapevano, mi dice lei. Per fortuna che conoscevamo il questore perché mio padre era morto in Libia e una vita per la patria ti va sempre fare bella figura. E lo zio Beppi se ne stava in un sottoscala con delle risme di fogli alti così tutti scritti in russo. E io che ero piccola ogni tanto quando salivo le scale avevo tanta paura perché saltava la luce e i gradini erano novantaquattro e quante volte li ho contati non te l'immagini neanche. Perché noi abitavamo al sesto piano che il più luminoso di tutta la salizada e neanche la contessa Baracchi stava bene come noi. Che se vai là e guardi il campanello lo puoi ancora vedere il nome Baracchi. E per fortuna che gli ufficiali non ci hanno scoperto, sennò... lo zio sarebbe morto sotto tortura perché chi te lo dice non era un semplice vecchietto ma che invece fosse una spia? E sai le amiche che abitavano in Strada Nuova, hai presente lì dove c'è quella chiesa sconsacrata tutta a mattoni a vista? Ecco lì le guardie facevano le torture e i loro genitori, delle mie amiche dico, dovevano chiudere le finestre dalle urla che sentivano venire da lì... ecco lo zio sarebbe morto di sicuro perché poi era tutto artritico e che fatica per lui quella volta che era andato fino a Rialto per costituirsi, per fortuna che il questore era nostro amico... e che fatica per lui fare quei novantaquattro gradini quella volta per salire fino su a casa per poi salire ancora nel suo sotto-scala. E che paura del buio per me a fare quei novantaquattro gradini quando non c'era la luce e quando fuori c'erano gli ufficiali ubriachi fradici e le esecuzioni sommarie all'Arsenale. E lo zio che ancora mi prendeva in giro perché avevo paura del buio lungo in alto su per quei novantaquattro gradini quando non c'era la luce. Ancora che diceva chiamalo il buio: buio, buio, buio... ti ha risposto? e allora, vedi che se non ti ha risposto allora non c'è niente da aver paura di questo buio. Credo che in quel periodo la mia vita fosse tutta lì.

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