mercoledì 29 dicembre 2010

Orfani

Il problema, ripetevi, è che bisogna essere all'altezza della propria libertà e dove c' è libertà se non nella storia? e io ti dicevo che la storia è il rimedio costruito dai falsi e dagli ipocriti e io con quelli, i falsi e gli ipocriti non ci voglio avere niente a che fare. E partivano le discussioni, quante discussioni, mai litigi. Finché uno dei due non canticchiava quella canzone che dice con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche, perché infatti ci stavamo telefonando. Due volte al giorno, sempre. E allora neanche a finire di canticchiare che già si incominciava a ridere e quanto ridevamo, molto di più di quanto si discuteva. E che strano quanto dopo molto mi hai chiamato e te ne stavi zitta e allora io ho iniziato a lamentarmi che mi annoio, che ero andato a fare la spesa e che al bancone degli affettati odiavo tutti, ma odiavo sinceramente, quegli scarponcini da montanari non li sopporto, con quel cazzo di pelo, montanari scesi in città per le feste, ma cosa ci sarà poi di bello nel centro commerciale la Veneggia in via Tiziano Vecellio e Belluno, c'è un sibilo di fondo e d'estate fa freddo fino a far venire il cagotto e d'inverno è stra-caldo e si suda e quei cazzo di montanari, con le loro mogli vestite con abiti attillati che mostrano tutto il benessere dell'occhialeria nei loro addomi flaccidi e nelle cosce spropositate, puzzano anche, quei montanari. E allora l'ultimo quasi rifugio è il bar per ubriacarsi, magari con il prete che spara cazzate sull' al di là. E Cristo lasciami solo. E aveva proprio ragione Cioran, ti dico, quando diceva che alla vista della moltitudine l'unico pensiero che gli veniva era quello dello sterminio. Ma poi mi rivolge la parola la signora degli affettati con un sorriso e io rispondo educatamente perché era stato chiamato il numero ottantatré e toccava a me. Un etto di mortadella senza pistacchi e e uno della porchetta che costa meno. Lei è molto cordiale e così penso che magari lo sarebbero anche le altre persone se solo avessi un contatto con loro, anche quegli squallidi montanari mi sarebbero forse simpatici. Essenzialmente, quello che mi manca forse è proprio il contatto emotivo, che potrebbe anche dare un senso a 'ste giornate indifferenti. E così ho detto che forse io amavo i singoli individui e mi faceva schifo l'umanità in generale. E Cristo lasciami solo. E allora tu mi hai detto che era esattamente ciò che mi avevi detto sempre tu che provavi. E io dico che non lo avevi mai detto. E tu mi rispondi che quando dicevi che bastava una minima cortesia per raddrizzarti una giornata a rovescio era questo quello che intendevi e hai cercato di spiegarmi tutto meglio. Allora ti ho risposto che non lo avevo mai capito o che forse non lo avevo mai ascoltato bene, questo tuo discorso. Ma anche che non era colpa mia, perché forse io sono costitutivamente orfano, cioè che non solo orfano di fatto, ma che lo sono anche metafisicamente, cioè in sé e per sé. E che Cristo mi lasci solo. E tu mi hai detto che anche tu forse sei costitutivamente orfana. Così siamo andati in discorso che due nostri amici in poco tempo hanno già raggiunto un monte che tu probabilmente non hai mai raggiunto con nessuno e anche con me, che ci eri andata vicina, ci siamo fermati prima. E che Cristo ci lasci soli. E allora mi è venuto in mente quel discorso che avevamo fatto quando ai nostri amici sembrava andasse tutto a vele spiegate e invece la nostra storia era spiaggiata come una balena sulle coste del Tamigi e che io ero bello alla deriva e che io più leggevo di filosofia più ero arido. Insomma tra noi non aveva un granché bene e tu hai detto che le cose cambiate, intendendo che un giorno, magari non insieme, anche noi saremmo stati bene. E allora io ho detto, bé, chiaro andrà male anche a loro prima o poi. E ancora siamo scoppiati a ridere come un ordigno davanti alla sede della Lega in questi giorni. E che Cristo ci lasci soli. Ma soli come quel novembre in cui io mi vestivo sempre di nero e tu mi hai chiesto se ero vestito di nero per celebrare il Requiem del nostro amore e anche se probabilmente era vero io mi son girato verso di te e ci siamo dati un cinque perché era davvero una gran frase da dire. E se non ricordo male tu hai anche detto schiacciamelo! (intendendo il cinque) sfoggiando quel tuo sorriso con l'occhio destro un po' socchiuso e l'occhio sinistro un po' coperto dalla frangia, o viceversa, che comunque mi piaceva molto. E che Cristo ci lasci soli. Ma non come quella pasqua in cui abbiamo fatto l'incedente in macchina e ci siamo salvati per una fatalità e io ero ubriaco e mi son disteso per terra in strada perché preferivo quell'altra sorte. Ma, non per cercare scuse, lì non imprecavo a te, ma, a posteriori, è lì che mi sono reso cosciente di essere orfano. E adesso siamo ancora vestiti di nero e abbiamo dita gialle dalle sigarette e abbiamo il fattore Rh diverso. E che Cristo ci lasci soli.

sabato 25 dicembre 2010

Le calzamaglie

Ho capito il senso della raccomandazione che mi faceva sempre mia madre: stai attento a non prendere freddo solo dopo che è morta, mia madre. Era un gennaio come questo e io dovevo andare all'università per fare uno dei miei ultimi esami e faceva freddo. Così ho messo su le calzamaglie sotto i pantaloni, che lo facevo già di solito d'inverno. Ma questa volta le ho messe con consapevolezza. Non avevo studiato molto per l'esame perché ero stato impegnato molto per gestire il post mortem della morte di mia madre; però mi aveva interrogato l'assistente, che era un po' un pollo. E io non sapevo bene la risposta alla sua domanda su quell'edizione filologica dei Pensieri di Pascal e allora gli ho parlato, all'assistente di Cogito e storia della follia, che è un saggio di Derrida che avevo letto per conto mio. Dicendo che se la luce dell'idea chiara e distinta di Cartesio illumina la conoscenza sensata, al contrario l'interrogazione del soggetto su di sé porta a una domanda senza risposta e dovrà rinunciare al suo ruolo di guida, così Cartesio tocca già quello che appunto Derrida chiama “un eccesso inaudito”. Allora gli ho detto all'assistente che Derrida questo eccesso inaudito lo poteva vedere anche in Pascal e ho argomentato così un po' a caso. Allora a lui, all'assistente gli è piaciuta sta roba, perché non lui l'aveva capita e allora mi ha messo ventinove. Che non è male come voto. Poi, dopo l'esame sono andato al Rosso, che è un bar con Jacopo e Matteo e la Chiara, però forse la Chiara è arrivata dopo perché lavorava e ci siamo messi a ciavarsi del prosecco e poi quando eravamo divelti Jacopo si è messo a suonare il piano, perché dentro al Rosso c'è un pianoforte e chi lo sa suonare lo può suonare, ma penso che lo possa suonare anche chi non lo sa suonare. Però Jacopo riusciva a suonare solo Topolin, Topolin, Evviva Topolin che sembrava di stare dentro a Full Metal Jacket. E chiuso il Rosso, che è un bar siamo usciti e faceva ancora più freddo; allora mi è tornato in mente il mio esame e che era il primo esame che facevo dopo la morte di mia madre. Che allora avevo pensato alla critica di Derrida ad Heidegger, dicendo che Heidegger era inserito nella metafisica fono-logo-centrica dell'occidente perché riconosce la superiorità della metafora linguistica rispetto alle altre metafore e siccome l'arte è la metafora, e questa ultima cosa la dico io, la poesia è il linguaggio e quindi la poesia è dove si manifesta verità . Per questo Heidegger cita George e dice che “nulla è dove la parola manca” e questa cosa della parola che manca mi è tornata in testa l'altro giorno che sono andato a una manifestazione contro la Gelmini all'università qui a Venezia e c'erano degli oratori con il megafono che facevano schifo e lì davvero la parola mancava ed è proprio vero che se manca la parola non c'è niente e lì davvero non c'era niente. L'unico bravo oratore aveva anche un aspetto simpatico perché era un po' ciccione e con i baffi e con le basette e aveva detto che lui non era comunista ma che ci sono due parole che gli piacciano davvero tanto e che le avrebbe usate per questo, cioè perché gli piacciono, queste parole. E allora dice che le parole che gli piacciono sono compagno e rivoluzione e che allora ci avrebbe chiamati compagni e avrebbe parlato di rivoluzione e poi io mi sono a pensare su queste parole e non lo ho più ascoltato. Poi me ne sono tornato a prendere freddo senza stare attento a non prenderlo, il freddo però. E allora lì mi sono ricordato di mia madre che mi diceva di stare attento a non prendere freddo e che aveva proprio ragione a dirmelo anche le ultime che mi ha visto anche se io secondo me ero già grande, ma faceva davvero bene a dirmi di stare attento a non prendere freddo anche se avevo già più di vent'anni perché uno quando ha vent'anni ha sempre freddo, perché ci saranno tipi diversi di freddo ma quando scriveva “Sono giorni ormai che piove e fa freddo e la burrasca ghiacciata costringe le notti ai tavoli del Posto Ristoro, luce sciatta e livida, neon ammuffiti, odore di ferrovia, polvere gialla rossiccia che si deposita lenta sui vetri, sugli sgabelli e nell’aria di svacco pubblico, che respiriamo annoiati, maledetto inverno, davvero maledette notti alla stazione...”, Tondelli secondo me aveva freddo. E allora sono stato contento di avere su le calzamaglie.

lunedì 20 dicembre 2010

Schegge impazzite

L'altro giorno è stato uno di più brutti della mia vita perché siamo sotto natale e a me il natale non mai piaciuto e non lo so perché, senza motivi anticapitalistici o antireligiosi, solo così. Poi nevicava e a me la neve non piace perché quando vivevo a Belluno vivevo in una casa con un giardino grandissimo che era diviso su due piani, così le macchine poteva stare nel garage, però nevicava bisognava spalare tutta la neve dalla discesa ed era una gran fatica e poi si perdeva tutto il divertimento del poter andare giù con la slitta per la discesa, perché all'inizio mi piaceva la neve, ma poi non più perché bisognava spalarla. Poi era domenica e le domeniche sono ingombranti perché bisogna sempre far qualcosa di bello perché è festa, ma se non fai niente come me allora tutti i giorni sono festa e quindi la domenica ti senti in colpa perché non fai niente e ti incazzi perché è sempre tutto uguale e non c'è un cazzo di divertente da divertirsi. Allora era quasi ora di pranzo e due delle persone che vivono con me che sono morosi, un maschio e una femmina, erano lì in cucina che cucinavano e limonavano e si dicevano quando stavano bene insieme e allora è normale che io mi incazzo, non perché non mi piacciono loro che anzi sono super, poi lui poi fa il dj anche con me, anzi è molto meglio perché quando poi io mi sono ubriacato lui continua a mettere su musica, così io posso fare la scheggia impazzita. Che mi piace proprio usare quest'espressione, scheggia impazzita perché le serate che sei solo con tutti, cioè sei uscito con i tuoi amici ma ognuno si è ubriacato e va in giro che conto suo a, noi diciamo, seminare panico. Poi anche lei è molto simpatica e anche bella perché ride sempre e ha una risata davvero bella e poi loro mi accudiscono un sacco, che a volte sempre che siano i miei genitori. Però in quel momento non mi piacevano perché io mi sono appena stato lasciato dalla mia ragazza e il natale se sei solo è una merda anche peggio di quello quando sei con qualcuno. Allora me ne sono andato nell'altra stanza e c'era Jacopo che si era appena fumato una canna e non capiva molto poi cantava let it snow o una roba del genere natalizia e la stava anche cercando su youtube, ma poi non capiva molto e io lo insultavo perché non mi piace il natale e gli dicevo di smettere di cantare e allora lui ha messo su Cat Stephens che adesso si chiama Allah qualcosa e quindi non c'entra nulla con il natale e quindi poteva anche andare bene come musica in sottofondo. Poco dopo però mi sono scocciato e ho deciso di andare al Chet, che è un bar a ciavarmi qualcosa da bere. Siccome nevicava e faceva freddo in giro non c'era nessuno così eravamo solo io e Ziad che è un barista e allora parlo un po' con lui e mi metto a leggere il giornale. Poco dopo sento qualcuno che mi stringe il braccio amichevolmente come per salutarmi e mi dice beddu mio; allora mi giro e vedo che è entrato France' e che mi stava salutando. Allora gli dico come sta e lui dice che fa freddo ma tanto a quest'ora tra una settimana è in Salento. Perché lui viene dal Salento ed è un tipo veramente strano; cioè lui passa il capodanno a Santa Maria di Leuca con la sua ragazza e una canna da trenta centimetri ed è fascista. Ma fascista tipo che porta sempre almeno un vestito nero e ha un anello con intrecciate due perle di poca cosa nere e viene lì e ti chiede fra' lo sai che vol dire questo anello? che io e il duce siamo così vicini, perché tanti mi dicono fra' sei troppo fascista e io gli dico che non sei tanto o poco fascisti, o si è fascisti o non lo si è perché devi essere dritto come la lama di un coltello per essere fascista e gli unici fascisti siamo io e il duce, fra', ma forse io più del duce. Poi guai a parlargli del duce o de lu Salentu a France', perché poi lui parte come quella volta che Matteo, che sembra di sinistra ma non gliene fotte niente della politica non sapeva dove fosse Santa Maria di Leuca e allora France' si è incazzato e gli ha detto a Matteo, Beddu mio non te l'hanno imparata la geografia a scuola? Santa Maria di Leuca è il posto più sud d'Italia, Beddu, a cento chilometri dalla Grecia e a ottanta dall'Albania...e sai perché lo so? Perché io ho servito lo Stato. Però secondo me diceva della gran cazzate e mi sa che nello Stato non gliel'hanno mica imparata bene la geografia...e poi come cazzo si fa a dire di essere dritti come la lama di un coltello e ammazzarsi di canne? Come quella volta che raccontava fiero che lui era su un treno in ritardo e allora cosa faccio Beddu? Mi accendo una canna! Poi vuol dire che ce l'aveva già pronta in tasca, e già questo... E poi fra' sono lì che mi fumo questa canna al finestrino e mi viene lì un negro e mi dice allora si può fumare qui dentro? e io cosa gli potevo dire, fra', con una canna in mano? Sì, certo che si può fumare. E allora questo negro si accende una sigaretta ed è anche andata bene fra', perché gli ho detto, a questo negro, Beddu tu li conosci i principi del fascismo? E lui che non li sapeva mi ha detto di no e allora io gli dico Beddu adesso te li spiego e glieli ho spiegati a questo negro, capito fra'?

Dunque France' mi saluta e se ne va. Poi io me ne vado in bagno e quando torno nel frattempo era arrivato Bilal, un altro barista, e qui ci vorrebbero mille romanzi per parlare di lui e forse lo farò. Un giorno, non ora però. Allora gli chiedo, a Bilal se per favore mi potrebbe fare una birra piccola e allora lui mi dice ci metto un po' di Tequila? perché al Chet, se sei uno del giro giusto, non si può bere normalmente, bisogna sempre metterci del di più. Così mi ciavo una birra Tequila & tabasco e gli chiedo a Bilal come va? e lui allargando le braccia le narici le guance le pupille mi risponde come se mi stesse interrogando come va...te ne faccio un'altra? e ci metto un po' di Tequila?

domenica 19 dicembre 2010

Céline, o l'anarchico incoronato

Lo sapevo che andava a finire così. Bastardo, schifoso: gridano.
Hai stuprato le sillabe disperate fino a farle venire. Verso di noi, umanità piena pustole. Verso Montmartre.
Le tue mani sono insanguinate di storia. Bastardo. Tu che sapevi di lavarle.
E Rambouillet e la testa che mi fa male. E le sillabe che stridono. Spina nel fianco degli ipocriti e dei maledetti da rivolta. Ricaccia in gola la lezione dei ragionieri del pensiero.
E le sillabe che stridono. Fino a farle venire. La tua piccola musica di piccola morte: gravida dei tuoi figli novecenteschi.
E degli dei notturni per annegare nella Senna assieme a te in trionfo sulla radura dello stile. Che adesso è piena di sterco e di sismografi per paura di un altro scossone. Di un altro anarchico con la corona. Per chiederti come davanti a un oracolo un altro motivo di odio. Sono sicuro che esiste.

OTORINOLARINGOIATRIA

Ti ricordi di quella volta che mi stavi guardando dentro l'orecchio e ci hai visto un punto nero che ti ha sconvolto? E che poi me lo volevi togliere o schiacciare o estirpare o non so come si dica in termine preciso; ma io ti ho detto che non era il caso perché eravamo morosi e se si sta insieme queste cose non si possono fare perché sono di un tipo di intimità diversa da quella che hanno due che stanno insieme. Ma tu insistevi e allora io mi sono davvero incuriosito perché da come ne parlavi questo punto nero doveva aver avuto un diametro di almeno setteotto millimetri gagliardi, come direbbe mio nonno per dire abbondanti. E allora non ti ho lasciato comunque toccarmi quell'affare. Però mi venuto in mente che un giorno quando ero ragazzo io e un mio compagno di scuola avevamo pensato di fondare un sistema filosofico sul fatto che fossimo fatti di vuoto, anche proprio biologicamente e che volevamo prendere in esame lo statuto ontologico del punto nero; ma poi era arrivato Massimo che aveva una mente tutta scientifica e ci aveva spiegato che il punto nero è qualcosa e che quindi noi avevamo torto, ma l'argomentazione mi sembrava sciocca. Come quella che aveva usato il papa, che però al tempo non era ancora papa ma solo prefetto alla dottrina di qualcosa, insomma lui. Lui era venuto a Belluno, anzi non proprio a Belluno era venuto a Col Cumano che era un posto che faceva veramente schifo perché ti portavano lì a fare quella specie di ritiro prima della cresima dove sentivi solo una marea di cazzate e anche il prete faceva il simpaticone e cantava le canzoni in spagnolo ma a me interessava solo giocare a pallone a scambiarmi le figurine con gli altri. Insomma della puzza di sacrestia non mi interessava molto ma sentivo già che non mi piaceva. Allora il papa, che non era ancora papa, era venuto lì per presentare un suo libro e per portare un po' di spiritualità a quei montanari del cazzo che siamo noi bellunesi; però io non sono un montanaro sono uno di provincia, perché Belluno è una provincia, non tipo Conegliano che è più grande e ci ha anche un sacco in più di negozi come dice mia zia, ma non è provincia. Insomma, siccome mi interessavo già di filosofia, più che altro di metafisica volevo sapere un po' meglio com'era il rapporto tra l'esistenza di dio e la presenza, che è innegabile, del male nel mondo e io lo sapevo già che il male c'era perché avevo letto Leopardi anche se mia mamma era ancora viva mio papà era ancora felice e mia sorella sorrideva sempre e i miei nonni erano vecchi ma non così vecchi e io giocavo anche a basket. Allora gli avevo chiesto, al papa, che non era ancora papa questa cosa sullo statuto ontologico del male e tutti si erano girati a guardarmi perché ero davvero così giovane però sembravo ancora più giovane, e anche adesso sembro più giovane di quello che sono. Poi qualcuno rideva perché non aveva capito che ontologico significa relativo all'essere e non ha niente a che fare con lo sporco che in dialetto veneto si dice onto. Così dev'essere stato proprio strano sentire un ragazzino che faceva una domanda sullo sporco al papa, che non era ancora papa, però era anche normale perché a Belluno non si sa cosa sia la questione dell'essere perché come aveva detto Gunther Anders che il suo maestro Heidegger gli aveva detto che bisogna essere i pastori dell'essere e non i signori dell'ente e lui, Anders, quando faceva l'operaio diceva che non capiva proprio cosa voleva dire l'essere quando sei per otto ore davanti a una macchina. Così a Belluno che sono tutti nelle fabbriche degli occhiali non potevano capire quelle cose e poi che cazzo è sto ente? L'imps o un altro ente statale, che altro? Così dicevano io bellunesi al bar se gli chiedevi una roba del genere. Allora il papa, che non era ancora papa mi ha detto che il male non è, cioè che l'essere è bene e che il male è una sottrazione di essere, cioè che se ho un vestito e ci faccio un taglio ho ancora il vestito che è un bene, ma un po' rovinato, che è il male, però ho ancora il vestito che rimane un bene e infine se quel taglio diventa enorme e occupa tutto il vestito allora non ho più il vestito, che è il bene, ma ho solo in male che è il vuoto e quindi non c'è, è niente. A me sta risposta mi è sembrata un a gran cazzata perché se uno ha un tumore non si può dire che sia un bene, però le cellule che impazziscono e che provocano il tumore ci sono eccome e allora il male è e allora se c'è anche dio allora vuol dire che o non è onnipotente o non è buono e allora che dio è? Che permette i terremoti e i tumori e i campi di concentramento e la morte in generale? Allora non è mica più il caso di andare a messa, però una volta mi è toccato perché dovevo fare il padrino per la cresima di mia sorella e anche lì era successo casino perché non avevo voluto fare la comunione ed ero stato l'unico padrino che non aveva fatto la comunione e la mia famiglia ci faceva una brutta figura perché a Cusighe, la frazione da cui vengo è piena di democristiani figuranti della domenica che poi escono dalla chiesa e bestemmiano tanto e anche io bestemmio, ma almeno non ci vado a messa e ho le mie ragioni perché se esiste o non è onnipotente o non è buono e allora almeno se bestemmio senza andare in chiesa vuol dire che forse io sono l'unico che ho una speranza anche se sono disperato perché nella mia vita mi va tutto male. Cioè ho una speranza di qualcosa, cioè vorrei ci fosse ma so che non c'è e questo è davvero un pensiero incasinato, tipo quello che diceva che siamo fatti di vuoto, proprio come il punto nero che è chiaro che è fatto di vuoto...ma allora ha ragione il papa, che non era ancora papa, che il male non è perché è il vuoto? Cazzo no! Allora ha ragione Massimo, perché il punto nero è pieno di pus, che è, quindi è anche il male, come è il pus. E il vuoto? Ecco il vuoto è Dio, che è niente. Quindi il bene è niente e il male è tutto... Ma basta con ste puttanate. E basta toccarmi questa merda di punto nero nell'orecchio. Limoniamo piuttosto. Ah, cazzo hai ragione: non siamo più morosi, ecco perché ti ho lasciato violentare l'interno del mio orecchio.

sabato 18 dicembre 2010

ore una

Io non ho mai sposato la donna che ho amato. E anche quando lei mi ha detto che aveva un po' di magone io sono salito sulla sua panda nuova e le ho detto che se non lo avevo io, il magone non lo doveva avere nessuno. Così lei si è asciugata le sue lacrime dagli occhi e io mi sono tenute le mie dentro. Allora è arrivata sera e io mi ubriacato con il vino che mi aveva regalato sua mamma che era molto buono e si sono fatti molti discorsi con i miei amici, tipo che quando ero con lei andava molto bene e che anche lei mi vuole molto bene, però, forse sua mamma me ne vuole anche di più perché mi chiede sempre come va e ha paura che io mi metta a bere, però ha anche ragione perché io mi sono messo a bere davvero e anche sta sera mi sarò ciavato molto di più del gin che ci hanno regalato e così mi accorgo che anche la mia capacità linguistica se n'è andata a puttane perché una volta, quando studiavo e quando mi sono laureato, che ero molto bravo, usavo le frasi subordinate e quando scrivevo sembrava di leggere Benedetto Croce, o almeno così mi diceva il mio professore di liceo che però non amava Benedetto Croce, perché lui era comunista, il mio professore, dico, però gli piacevano le cose che scrivevo e quindi anche se le scrivevo come un reazionario a lui non importava. Invece adesso uso solo le coordinate e quando scrivo sembra che sia quando parlo, però non un parlare di uno che sta bene ma un parlare di uno che sta male che non è che abbia tanto da dire, insomma dice cazzate e che se ne fotte se qualcuno lo ascolta, tanto a lui basta parlare. Come quando vado al chet, che è un bar, a leggere la gazzetta e mi tocca leggere anche il calciomercato del Napoli perché non voglio alzare la testa e parlare con gli altri avventori. Non perché mi stiano sul cazzo, ma perché è giusto così. Fino a che non arriva Fede e gli offre un cioccolatino a Farag e lui è contento, ma poi Fede gliene offre un altro e allora Farag è talmente contento che scoppia a ridere e quasi strabuzza fuori gli occhi che è un piacere.

lunedì 1 novembre 2010

Voglio diventare vecchio! (ma quando lo scrissi ero giovane)

Un’occhiata rapida, un sorriso compiaciuto e silenzioso affinché non possa essere colto dallo sguardo oggettivante degli altri giocatori. Splendidi! Sono due JACK, hanno entrambi i baffi, i miei preferiti.

Non ho molto spazio per giocare, muovo tutto, vado all in.

Quanti anni hai? Mi chiede uno dei due Jack. 21. Ride. Perché questa risata. Perché non vorrei essere in te. Mi è capitato di frequentare dei giovani e siete molto divertenti (per un osservatore esterno), ma non dev’essere piacevole essere oggetto di ilarità. Forse il problema è un altro; voi siete alienati, invero che vivete un’idea, che come tale non esiste, come ogni idea asettica ed astratta. Vi comportate da giovani, vi vestite da giovani, fate i rivoluzionari da giovani e gli imprenditori da vecchi. Poi ancor più solenne: ci sono i giovani alternativi. Alternativi a cosa? Al sistema forse? Che cos’è il sistema? Siamo tutti schiavi! Sempre! Ma torniamo alla questione: chi ha mai visto, conosciuto, incontrato un Giovane? Ci sono dei corpi che hanno vissuto per un determinato periodo e presentano determinate caratteristiche. Ecco tutto, non vi è altro da dire. Ogni corpo è una persona, un individuo, ma soprattutto un enigma! Non rivendicate libertà per poi legarvi ad una definizione. L’identità uccide. La parola dettata da etichette provoca vomito!

Come siete auto-referenziali con le vostre azioni sovversive! Schiavi di un orizzonte che necessita della vostra ribellione per poter riconoscere un’antagonista e darvi una parvenza di riconoscimento. Cari giovani siete proprio utili a comportarvi così. Strumenti. Chiediamoci quanto siano indotti i nostri bisogni?

Vi suggerisco: garantite la vita all’insensatezza, uscite da queste mura concettuali: università-studente-assocaizione-collettivo-gruppo-nemico-mi-comporto-in-un-certo-modo. Siate apertura oltre il senso, siate individui, siate amici di tutti, ognuno di noi ha ragione, siate ascoltatori, ma non delle parole dei potenti, abbandonate i loro discorsi, i loro ordini di discorso.

Gli spazi non servono, la nostra testa è una spazio sufficiente. Non barattate la dignità con la progettualità, l’immaginario con un giardino ameno.

Alla fine sarò al vostro fianco a protestare e rivendicare, ma un po’ per noia, un po’ per amicizia, un po’ perché abbiamo tutti ragione (a parte chiunque eserciti ogni tipo di potere, quindi anch’io che ho il potere di farti vincere la mano- o il potere di scrivere, così anche chi scrive ora ha torto-).

venerdì 15 ottobre 2010

All'amato metrocubo

Se io fossi alto,
sarei alto un metro.
Se io fossi largo,
sarei largo un metro.
Se io fossi profondo,
sarei profondo un metro.
Se io fossi,
sarei un metro cubo.
Metro cubo,
mi è sempre piaciuto molto,
Metro cubo.
Mi sovvien, durante la rivoluzione:
cercarono di lapidarla:
il risultato fu che si formò intorno alla sua vita
una cinta di steroidi.
Rimembro:
durante la grande guerra:
lei occupava da sola un'intera
carreggiata
impedendo l'accesso ai
panzer nemici.
Metro cubo:
mi è sempre piaciuto molto
Metro cubo

e la connessione venne

Fi-fi-fi-fi-finalmente è tornata: la connessione alla rete!

domenica 29 agosto 2010

mercanti, liquori e avventori

Di consueto una pausa viene a coincidere con una vacanza, ma se un'esistenza viene vissuta perennemente in maniera festiva, cioè in quella modalità in cui passano meno autobus, allora la pausa non può che convergere con le sere feriali. Infatti ho iniziato a lavorare. Non voglio tediarvi con un'apologia dell'inettitune visto che il mio lavoro non è così qualificante quanto una stage alla Dolce & Gabbana s.p.a., perché sovente l'inettitudine limona con l'essere inebetiti, e io non lo sono. D'altra parte facendo il mercante di liquori, questo è ciò che faccio, ma non solo liquori anche vini, amari, amaretti, amarezza, carezze, no, quelle no! Dicevo, in questo ambiente si conoscono avventori bizzarri, discutibili, meravigliosi, sublimi, secondi solo all'umanità già redenta che frequenta le casse dei supermercati prix, vera dimostrazione dell'esistenza di Dio, con buona pace di Santa Tommaso e delle sue cinque. Il vero argomento ontologico è l'esistenza del Prix! Suvvia, non divaghiamo. Dicevo, degli avventori. Come il cameriere del ristorante di fronte, un algerino losco. Gli offro scherzosamente un assaggio e lui risponde: "i don't like alcol, i like hashish!" Allora ribatto che non siamo in Olanda e che banchetti di quel tipo non sono legali. E lui, pesante come un colpo: "Io ce l'ho il banchetto, se hai bisogno vieni da me!" A Dio quel che è di Dio, a Cesare ciò che è di Cesare.

sabato 14 agosto 2010

il venditore di Bibbie

Siate allarmati: è una storia vera. Alla ricerca di un'occupazione vengo contattato da una casa editrice di chiara impostazione cattolica. Non importa, mi reco comunque al colloquio. Parlata vispa, scarpa lucida e il gioco è fatto. Mi viene chiesto se sono al corrente della forte "ideologia" che permea quel luogo di lavoro: affermativo. E sei credente? Direi proprio di no, anzi! Non importa, qui di tratta di vendere, non di credere! Infatti, perché sarei stato assunto in qualità di venditore di testi quali: la Bibbia, in una determinata edizione, La vita di Gesù, La vita di Padre Pio, I vangeli illustrati... porta a porta, o meglio sacrestia a sacrestia. Desisto. Diniego. Continuerò a rompervi le scatole con questo blog, d'altra "also heaven knows i'm a miserable now", per dirla con Morrisey. 

martedì 10 agosto 2010

Il vile

Giovanni Gentile scrisse che la specificità dell'uomo, ancor più che nella ragione, è da cogliersi nel fatto che educa. Così l'uomo è un animale educatore ancor prima che animal rationale. Credo che si possano mettere da parte eventuali antipatie verso il trascorso politico di tale pensatore e cogliere la pregnanza e la veridicità di tale affermazione. Dunque l'educazione come ciò che è proprio dell'uomo, la parte che maggiormente e senza soluzione di continuità lo costituisce; in altre parole ciò che più alto vi è in noi. Trovo pertanto svilente scorgere come a volte sia utilizzato come mezzo educativo il denaro, vale a dire una tra le cose più becere e putride con cui, necessariamente per altro, le cose dell'uomo sono invischiate. Educare mediante il denaro è come insegnare a colorare all'interno dei bordi, ma non in virtù dell'uso di pennarelli colorati, bensì con lo sterco.

giovedì 5 agosto 2010

svenimenti scettici

Si parla sempre del contemporaneo in termini di post-moderno, ma non riesco proprio a immaginare l'entità di una sbronza tale da provocare dei postumi bimillenari.

un salvatore improbabile

Si discorreva della differenza emotiva che intercorre tra l'andare a funghi e il pescare, quando nella memoria affiorò quel famoso detto: "inutile come un maiale a san Lorenzo". Da lì il passo fu breve, se avevamo la possibilità di ricordare era in virtù di un tipo con molti pochi capelli, che ora mi voleva pestare, succube di un rancore mai sopito. Era un giovedì grasso di qualche anno addietro, grasso più del maiale di cui sopra, ma meno di un ippomotamo. Ma poi quanto cazzo può essere lunga la coda di un maiale adulto di media taglia se non arricciata e ben tirata? Anzi lustra come la pizza nei "capelli" del tipo che mi vuole mettere mano. Torniamo a lui, più o meno. Quel giovedì l'acqua del sindaco era gin tonic, scherzi del carnevale, o forse del sindaco? La mia mira era incredibile, un lancio di bicchiere vuoto una vittima. Pazzesco! Si decide di andare al concerto del gruppo del Nongio, quello di Mtv. Imbarazzante, lui mi è anche simpatico, ma ascoltare quel gruppo era come prendere la sifilide. Così decido di tirare un ulteriore bicchiere vuoto, un cecchino! Fu la crapa pelata del buttafuori a farne la spese (ma quanti pelati in questa storia!). In seguito fu il mio collo stretto tra le sue nerborute e tozze mani a non stare troppo bene, per fortuna c'era S., appena uscito da un parabola di Kafka, a rincarare la dose facendo notare la singolare somiglianza tra il buttafuori e un quadrupede belluino. Ora le vittime siamo due. E sarebbe d'uopo raccontare a questo punto di come siamo stati salvati, tuttavia il salvatore mi sta sul cazzo e non lo voglio incensare.

mercoledì 4 agosto 2010

otturato

Mercoledì 4 agosto, Venezia è piuttosto umida, da giorni si assiste alla più classica delle lotte prometeiche tra l'idraulico di Buaman, cioè quello liquido, e del materiale defecatorio che intasa il lavandino della cucina. Non resta che avvisare l'idraulico della modernità, cioè quello in carne e ossa, quasi una sorta di cogito cartesiano delle tubature. Ma a me piacciono le scarpe a punta e il post-moderno, meno il post-bomba, che ritengo veramente  uno scherzo di cattivo gusto da parte della creazione; pertanto, tornando a noi, non mi esalto all'idea di contattare un idraulico materiale, anche perché significherebbe in qualche modo porsi di fronte alla necessità di cagare dei soldi e, sinceramente mi accontento della merda che ottura il lavandino e di quella di cui parlo sempre a pasto, assillando i miei commensali con tragiche vicende a sfondo emorroidale. Vicende che purtroppo non mi danno da vivere, invero che sono un disoccupato. Sebbene di quelli fighi, di quelli laureati in una disciplina inutile. Per questo, oggi che sono ufficialmente squattrinato ritengo sia opportuno aprire un blog, per perdere la giovinezza davanti a uno schermo; iniziare a fumare, per perdere la salute e grattacieli di denaro; contattare un idraulico per non girare un film porno, mandando così a farsi fottere quello stilema classico della filmografia che molto poco piaceva a Maude Lebowski.